Sul timpano principale della facciata svettano tre statue: tre figure femminili, probabilmente la fede, la speranza e la carità con due bambini più in alto. La raffinata simbologia dell'èlite veneziana, dedita alla massoneria e ad altre iniziazioni occulte, usava con abilità molti livelli di significato. Le tre statue potrebbero alludere anche ai tre aspetti del divino femminile di antica tradizione: la Dea Bianca (la creatività, in termini cristiani la Vergine), la Dea Rossa (la Terra che nutre e sostiene, ovvero la Madonna col bambino) e la Dea Nera (la trasformatrice, il femminile potente che chiude i cicli, la Madonna della Pietà cristiana). La Serenissima ha vissuto gli ultimi due secoli di declino con invidiabile quiete. Anche la sua fine è stata veloce ed incruenta, come se i suoi dirigenti avessero capito che era finito il loro tempo e che le nuove idee rivoluzionarie e lo sviluppo successivo richiedesse altre strutture sociali, legislative, economiche.
La Repubblica di Venezia ha lasciato una grande eredità nella gestione del territorio. La tutela dei boschi per la produzione di legname era un avanzato esempio di selvicoltura. La rete di canali e lo sviluppo delle attività agricole collegate alle ville nobiliari era capillare. Le magistrature che amministravano le acque e la navigazione erano ben preparate e soprattutto capaci di una visione d'insieme ampia, grande almeno quanto il sistema di affluenti della laguna, che furono regolati e deviati per conservare l'equilibrio complessivo di quel microcosmo delicatissimo che è la laguna di Venezia. Dal Bacchiglione alla Brenta, dal Sila alla Piave si sviluppava una ragnatela di canali, deviazioni, chiuse, argini percorribili per i traini dei burci e la fluitazione del legname. E' proprio una rete di acque interconnesse. Non si può parlare di Brenta senza coinvolgere Bacchiglione, Piovego, canali, laguna ecc. Ogni punto reagisce alle modifiche di un altro punto, proprio come in una ragnatela, non solo nel senso della corrente da monte a valle, ma in tutte le direzioni.
Un sistema unico richiedeva una competenza unica che hai tempi della Repubblica di Venezia era presente e preparata, con personale specializzato e una visione globale, "lagunocentrica" delle vie d'acqua e di comunicazione. Oggi l'unità di questo sistema fluviale che ha generato la pianura veneta, ben diversa da quella padana, è frammentata, dimenticata, negata. Conflitti di competenze e inefficaci iniziative legislative, interessi parziali e contrastanti impediscono una gestione efficace e capace di prospettiva dell'insieme. Siamo così entrati nella stagione dell'emergenza, delle alluvioni, dell'impreparazione, delle grandi soluzioni tecnologiche che risolvono un problema e ne creano tre perchè non considerano l'insieme nelle sue dinamiche reciproche.
Il geomante Marko Pogacnik ha scritto pagine bellissime sulla funzione di Venezia a livello mondiale come luogo di equilibrio paradisiaco tra terra e acqua che consiglio caldamente. Senza entrare nella metafisica auspico che si costituisca un'ente unico di gestione delle acque, con abbastanza competenze e poteri per rendere effettivo un governo saggio dell'insieme. Come si possono pensare opere ingegneristiche che paragonano la laguna ad una vasca da bagno? E' viva come un polmone che respira! E' piena di vita e di habitat unici che solo chi conosce profondamente e con amore può davvero amministrare. Non si può pensare alla “sicurezza idraulica” di Padova senza tutelare le aree umide, ridurre la cementificazione, ampliare le golene e offrire sfogo alle piene, anzi alle brentane come si dice da queste parti.
Il respiro dei fiumi sono le loro piene, servono a innumerevoli funzioni ecologiche in parte note, parte dimenticate o ancora sconosciute. Ci vuole umiltà e attenzione per amministrare un simile patrimonio che è, letteralmente, la vita delle nostre terre. E' tempo che si costituisca un'unica autorità regionale che abbia competenza esclusiva e superiore alla somma dei vari enti, genio civile, magistrato alle acque, consorzi, gestori di impianti idroelettrici, cavatori. Non si tratta di buttare via gli investimenti e la tecnologie del passato ma di inserirle in una visione d'insieme che solo un organo tecnico unificato può orchestrare.
Francisco Panteghini
Mediatore Elementare
Consulenze di Ecologia Olistica
Nessun commento:
Posta un commento